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25 Marzo 2020
2018 | The Favourite | La Favorita | Yorgos Lanthimos – Analisi
2018 | The Favourite | La Favorita | Yorgos Lanthimos – Analisi
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“The Favourite” (“La Favorita”) è un film del 2018 diretto da Yorgos Lanthimos. La nostra analisi sul film verte su una domanda chiave: chi è la “favorita”? La risposta non è così scontata.

Breve premessa

Siccome questa è un’analisi di forme e modi del racconto cinematografico messe in atto nel film dal regista Yorgos Lanthimos e basandosi su una serie di ipotesi che proveremo a sostenere nel corso dell’analisi con riferimenti a momenti particolari della storia, saremo costretti a degli spoilers.

Dunque, se ancora non avete visto il film, vi consigliamo di guardarlo prima di proseguire. Dove? Date un’occhiata su Amazon.

Scheda del film.

The Favourite (o tradotto in italiano come La favorita) è un film del 2018 diretto da Yorgos Lanthimos – già autore di opere come Dogtooth (2009), The Lobster (2015) e The Killing of a Sacred Deer (2017). Il film ha raggiunto notevole successo critico[1] ed è stato candidato all’edizione degli Academy Awards del 2019 per 10 premi – tra cui miglior film, sceneggiatura originale, regia, montaggio, fotografia – ed è valso l’Oscar come miglior attrice protagonista ad Olivia Colman. Al fianco di quest’ultima, il film vede inoltre le interpretazioni di Rachel Weisz ed Emma Stone.

La trama legge più o meno così[2]: Inizio 18esimo secolo. L’Inghilterra è in guerra con la Francia. Nonostante ciò, le gare di papere e i banchetti di ananas fioriscono. Una fragile Queen Anne (Olivia Colman) occupa il trono e la sua confidente Lady Sarah (Rachel Weisz) governa il Paese al suo posto, mentre si prende cura della salute traballante e del comportamento mutevole della regina stessa.
Quando la nuova serva Abigail (Emma Stone) arriva, il suo fascino (e la parentela) la rendono cara a Lady Sarah che la prende sotto la sua ala protettrice, mentre Abigail vede una chance di ritornare alle sue origini aristocratiche.
Poiché la politica in tempi di guerra assorbe sempre più tempo a Sarah, Abigail cerca di far breccia nel cuore della regina per prenderne il posto di confidente. La nascente amicizia tra la regina e Abigail aiuta quest’ultima a soddisfare le proprie ambizioni. Abigail, infatti, non permetterà a donne, uomini, politica o conigli di intralciare il proprio progetto. Ma chi è la favorita dalla regina?

Lo stile visivo e la macchina da presa.

In un linguaggio come quello di un film, è spesso molto utile indagare la posizione della macchina da presa e il modo in cui le varie inquadrature vengono legate dal montaggio. Questo permette non solo di trovare spiegazioni a concatenazioni di trama dal senso “oscuro” o ambiguo, ma anche a definire il tipo di linguaggio e il tipo di comunicazione impostati dalla sorgente espressiva.

Nel caso di The Favourite una cosa che balza subito agli occhi è la posizione della macchina da prese in relazione agli occhi dei protagonisti. Sebbene il film parta mantenendo una posizione più o meno paritaria con Abigail quando è in carrozza, la situazione cambia nel momento in cui entra a palazzo.
Da questo momento in poi la maggior parte delle inquadrature più strette sono fatte dal basso, ben al di sotto della linea degli occhi e denotano la posizione “più bassa” in cui la macchina stabilisce il posto dello spettatore rispetto all’atmosfera ed i personaggi di palazzo.
Sebbene possa sembrare uno sguardo che stabilisca una subalternità dello spettatore rispetto alle dinamiche “alte” del palazzo [e guarda i personaggi di corte dal basso verso l’alto quasi eroicizzandoli], in realtà a noi sembra indicare una posizione politica che vuole segnalare una presa di posizione nei confronti della Storia: indicando piuttosto che la fascinazione verso i personaggi, la posizione a cui le persone comuni vengono rilegate all’interno di queste dinamiche di potere.

Questa scelta praticamente generale della macchina bassa può risultare un po’ ripetitiva da tenere per tutto il film. Allora Lanthimos alterna piani del genere, con piani che sembrano più bilanciati – più larghi e spesso tenuti comunque relativamente bassi (cioè ciò che cambia è spesso l’angolazione piuttosto che l’altezza della camera). Ma non solo, infatti il film è anche pieno di grandangoli che sottolineano le distorsioni e la percezione risultante che della “vita” e della “storia” si hanno assumendo un punto di vista interno ad un palazzo reale, al riparo dalla vita vera (i farmers) e dalla guerra che sembra lontana e suona come un fatto esclusivamente politico, ascoltandone l’eco, piuttosto che assistendo al dramma che porta via vite umane.

Gli unici momenti in cui la macchina sembra mettersi al pari dei personaggi si contano sulle dita della mano: tra questi, curiosamente e simbolicamente, la macchina prende un livello paritario con le papere durante la corsa, e, ben più significativo dal punto di vista narrativo dei personaggi, nel momento in cui, nel finale, Abigail è inginocchiata “massaggiando” le gambe della regina, mentre quest’ultima le mantiene una mano in testa, schiacciandola.

Montaggio

Una nota sul montaggio sposta ancora più avanti il nostro discorso: le inquadrature sono montate seguendo un ritmo non veloce né tantomeno classico [da intendersi come norma], lasciando il tempo allo spettatore di guardare all’interno del frame e fissare il suo sguardo su altri elementi scenici.

Una serie di studi ci rendono conto di come il movimento degli occhi nel frame ed un certo grado di riflessività rientrano in gioco nel momento in cui le inquadrature sono tenute più a lungo.

L’esperienza di guardare un film a volte può sembrare un’attività passiva. In realtà, lo spettatore è molto attivo: deve infatti processare rapide sequenze di informazioni audiovisive, percepire cosa è rappresentato sullo schermo, comprendere i personaggi, gli spazi e l’azione mostrata e contribuire alla costruzione di una forma narrativa durante il corso del film che gli assicuri la comprensione dell’opera. Un grado di attenzione simile in tutti gli spettatori, a prescindere da estrazione sociale, preparazione culturale o provenienza geografica si riscontra nei primi 300/400 ms dopo un taglio, dopo il quale lo spettatore comincia ad agire aumentando le differenze individuali. Più lunga è la distanza tra un taglio ed un altro, più il cervello è invitato ad interferire con la percezione diretta ed aumentare il grado riflessivo e di comprensione su un livello cognitivo, anziché pre-cognitivo.

Un esempio lo si trova nella clip che segue: il primo taglio avviene dopo 18 secondi (la media generalmente riconosciuta è di 4/5 secondi). Inoltre, come si nota, ci sono battute non coperte da inquadrature singole, ma lasciate nel fuori campo, e la coda della scena si ristabilisce su una inquadratura grandangolare tenuta ben oltre la “classica” necessità narrativa e che, come dicevamo prima, “interrompe” il flusso di inquadrature dal basso, attivando una prospettiva dall’alto verso il basso [una posizione diversa in questo caso – quasi da “occhio” della sorveglianza] dimostrando il grado di distorsione che l’autore vuole far percepire allo spettatore.

In conclusione di questi brevissimi passaggi riguardanti la messa in scena ci sembra chiaro che la regia di questo film non vuole essere “invisibile”, ma punta fortemente a comunicatore sul livello cognitivo e riflessivo dello spettatore, invitandolo ad essere presente, a prendere una posizione ed a ragionare su ciò che sta vedendo.

Un film di personaggi

Un film che quindi, come dicevamo, solletica lo spirito riflessivo dello spettatore andando in una direzione meno mimetica rispetto a tanto altro cinema [c’è anche da dire che ovviamente non è il più estremo in termini di linguaggio ad andare in questa direzione].

Da questo punto di vista, siamo di fronte ad un film di personaggi, piuttosto che basato prioritariamente sugli avvenimenti di plot. Un esempio? La scena che segue:

Ancora una volta: le inquadrature basse, il ritmo di montaggio e il grandangolo [e le distorsioni] sono facilmente riscontrabili. Ciò che rende questa scena significativa al tipo di analisi che stiamo facendo si può sintetizzare in due diversi elementi:

  • La scena vuole dar conto principalmente della reazione della regina e dare un segno sul personaggio stesso, piuttosto che muovere avanti una concatenazione di eventi. Di fatti, la concatenazione degli eventi, in questo film, sta proprio ed esclusivamente nel modo in cui i personaggi cambiano e si evolvono e non viceversa nel modo in cui gli eventi intorno a loro cambiano costringendoli ad adattarsi [una dinamica più o meno presente nella maggior parte dei film]
  • Questa situazione avviene a film già iniziato da un po’: molto spesso, nella maniera classica di affrontare lo scripting, questo tipo di connotazioni dei personaggi avviene nella primissima parte del film, così che la narrazione possa stabilire i caratteri dei personaggi prima che l’evento narrativo primario dell’incidente scatenante si metta in moto e travolga i caratteri dei personaggi appena delineati [per un’analisi di un’incidente scatenante, ancora una volta trattato in maniera originale, date un’occhiata alla nostra analisi di Mullholand Drive].

Va detto che molti film, specialmente della tradizione europea del cinema d’autore del ‘900, preferiscono spesso e volentieri i personaggi agli eventi, laddove invece, nel cinema americano, sono spesso gli eventi ad essere prioritari sui personaggi. Parliamo ovviamente di tendenze generali, nelle quali in entrambi i lati si possono riscontrare delle eccezioni.
In ogni caso, un equilibrio tra queste due dinamiche è spesso necessario per raggiungere un livello soddisfacente di profondità di un film.

Dunque, anche dal lato dei personaggi, il film utilizza questa dote di invito alla riflessione, ma in che modo?

I meccanismi empatici[3].

Per capire i vari “dispositivi” che un film utilizza per ottenere la “sutura” di uno spettatore allo schermo, una pratica feconda sta nell’indagare i meccanismi empatici [personaggio-spettatore] che cerca di mettere in atto.

In cosa consiste l’empatia? Come affermato da Theodor Lipps[4]: “Non si tratta di provare qualcosa nel proprio corpo, ma di sentire il proprio sé nell’oggetto estetico. In questo processo di fusione, l’opposizione tra soggetto ed oggetto scompare, o piuttosto, non esiste.”

Ci sono tendenzialmente due tipi di approcci teorici che sfioreremo in questo testo riguardo l’empatia cinematografica: sono definiti come Simulazione Incarnata (o Embodied Simulation) e Theory of Mind (ToM) e sono guidati da due distinti sistemi neurofisiologici che risiedono nel sistema corpo.

La simulazione incarnata si basa sulla scoperta dei neuroni specchio ed è applicata al cinema ad opera di Vittorio Gallese e dei suoi colleghi. La sostanziale sovrapposizione dell’attività tra l’osservatore e l’oggetto osservato non si diffonde nell’intero cervello, ma è limitata ad un set specifico di regioni. Questo meccanismo è quello che regola un tipo di legame più diretto e ci facilita la lettura delle emozioni messe in scena dal corpo umano – lasciamo fuori altri discorsi che al momento allungherebbero di troppo questa analisi, sbilanciandola su un territorio neurologico piuttosto che sul film stesso.

L’approccio della Theory of Mind (ToM), invece, definisce un processo nel quale si ascrivono credenze, pensieri, motivazioni e intenzioni ad un’altra persona.
La ToM viene spesso delineata come un processo top-down che ripiega su rappresentazioni cognitive high-level di stati mentali. Inoltre, mentre l’ ES si appoggia su un“contagio emozionale” relativamente automatico, ToM è un processo cognitivo di presa di prospettiva.

Le persone sono consapevoli che gli altri sono esseri dotati oltre che di proprietà fisiche, anche di stati mentali interni riferibili come emozioni, desideri, credenze, pensieri ed intenzioni. Questi stati mentali vengono intesi come in grado di guidare le azioni degli esseri umani.

La ToM è il processo dell’intuizione di questi stati mentali altrui[5] e questo processo avviene in maniera ancora maggiore in relazione a personaggi – nel caso del cinema – che sembrano “nascondere” qualcosa ed andare oltre la semplice adesione ad un’emozione. Ad esempio, quando Abigail getta nel fuoco la lettera di Lady Sarah e piange, da un punto di vista immediato riconosciamo il piangere come un’emozione, ma in questo caso, è il riconoscimento stesso di quest’emozione ad attivare il senso riflessivo perché si tratta di uno stato che sembra andare in direzione opposta alle nostre aspettative e quello che crediamo di sapere del personaggio.

[Per uno studio di un film che invece solletica più i fattori dell’ Embodied Simulation vi invito a leggere il nostro articolo su The Walk o anche il nostro studio sui movimenti di macchina in Shining.]

Chi è la favorita?

Ma per quale motivo il film mette sul piatto una tale macchinazione per spingerci al ragionamento? Perché tutto questo ruota intorno ad una questione centrale che riguarda la domanda su chi è la preferita della regina? Non sembra chiaro, visto il modo in cui il film finisce con l’apparente scelta che ricade su Abigail anziché Sarah – visto che la regina definisce quest’ultima come “ladra” e la espelle dal regno?

Sebbene la scelta sembra essere superficialmente chiara, è ciò che Sarah ed Abigail rappresentano che fa sì che sia necessario riflettere e ci fa credere che dietro ci sia altro.

Cosa rappresentano i personaggi?

Lady Sarah: Oh, you really think you’ve won?
Abigail: Haven’t I?
Lady Sarah: We’ve been playing very different games.

Rachel Weisz e Emma Stone in “The Favourite”

A questo punto credo sia necessario fare un cenno al livello recitativo delle protagoniste: Olivia Colman, Rachel Weisz ed Emma Stone offrono delle interpretazioni eccezionali. Non è assolutamente strano infatti che Olivia Colman abbia vinto l’Oscar per l’interpretazione e sia Emma Stone che Rachel Weisz – in competizione anche al di fuori del film sul ruolo di preferita – erano candidate alla statuetta come miglior attrice di supporto.

Un meccanismo che riguarda i personaggi e la loro simbologia che ci sembra interessante e degno di nota, risiede nel capovolgimento della reazione ad essi che nasce nel processo di ricezione del film: all’inizio del film, per il modo in cui viene presentata Abigail ed il modo in cui viene presentata Lady Sarah, il film, senza eccessive sottolineature, ma in maniera nascosta (v. la macchina sul volto di Abigail quando dorme con la servitù, la sua caratterizzazione popolare e gli scherzi cattivi che subisce), ci fa “parteggiare” per Abigail, mostrando invece il lato controverso di Sarah che manipola la regina e governa al suo posto. Prendiamo infatti di riferimento la scena seguente, che verrà riutilizzata capovolta verso la parte finale del film:

Come la corruzione dell’ambizione cresce in Abigail e la battaglia tra le due ha inizio, acquisiamo una posizione più equidistante mentre nel finale, le posizioni sono capovolte e Sarah sembra diventare la nostra preferita nell’esatto momento in cui la storia sembra prendere la direzione opposta. Sarah infatti, sembra sempre più caratterizzata dalla verità di un amore nei confronti della regina, piuttosto che dalla volontà di potere ed ambizione personale.

Alcuni dei suoi rimbrotti e alcuni momenti in cui sembra finanche troppo manipolatrice vengono ricapitalizzati, nella terza parte del film, sotto l’espressione di un amore che, per quanto ambiguo e in certi momenti violento, rimane figlio di un sentimento vero e relativamente “puro”.

Dunque, da un lato l’ambizione, dall’altro l’amore? Nel film questi due lati vengono spesso, ambiguamente, mischiati, per poi essere sciolti verso il finale [chiaramente uno strato di ambiguità viene comunque lasciato, ed è ciò che rende il film vivo]. Laddove all’inizio Sarah viene per l’appunto caratterizzata come potente ed ambiziosa e che utilizza l’amore della regina nei suoi confronti come metodo di controllo, il film sovverte questa base di partenza. Pensiamo ad esempio come un altro vero e proprio personaggio viene messo in scena: la sessualità.

Un esempio chiaro di quello che stiamo affermando lo si trova nella scena in cui Abigail si fa trovare svestita nel letto della regina. La scena segue un’altra che vede Abigail assistere all’incontro sessuale tra la regina e Sarah e comprendere la natura omosessuale della regina. L’ambizione di Abigail si traveste da eros e cerca di raggiungere il proprio obiettivo seducendo la regina. La bugia alla base dell’ambizione in contrasto alla “verità” dell’amore.

Infatti in uno scambio di battute tra Sarah e Queen Anne, questo discorso sembra particolarmente esplicito:

Lady Sarah: Abigail has done this. She does not love you.
Queen Anne: Because how could anyone? She wants nothing from me. Unlike you.
Lady Sarah: She wants nothing from you. And yet somehow she is a lady. […]
Queen Anne: I wish you could love me as she does!
Lady Sarah: You wish me to lie to you? “Oh you look like an angel fallen from heaven, your majesty.” No. Sometimes, you look like a badger. And you can rely on me to tell you.
Queen Anne: Why?
Lady Sarah: Because I will not lie! That is love!

Rachel Weisz e Olivia Colman in “The Favourite”

Di nuovo l’apparenza e la somiglianza ad un “badger” che viene fuori, in un richiamo alla scena nella clip che abbiamo condiviso poco fa. Questa volta però, Sarah sembra essere sincera nei confronti della regina, piuttosto che manipolatrice.

Dunque, l’amore contro l’ambizione e la bugia, o meglio la morte. Simbolicamente, più Queen Anne allontana e tratta male Sarah e più il suo stato di salute peggiora. Sembriamo quindi in un triangolo che vede al centro la regina e da un lato l’ambizione e la morte (Abigail) e dall’altro l’amore (Sarah).

Thanatos ed Eros.

Yorgos Lanthimos è un regista greco, molto attento alla cultura originata dal suo Paese – infatti il suo The Killing of a Sacred Deer (2017) è basato sulla tragedia greca Iphigenia at Aulis di Euripide[6].
Ci sembra dunque semplice presumere che sia perfettamente a conoscenza della dinamica dialettica Thanatos ed Eros e di come queste due “spinte” – che hanno origine mitologiche “divine” e si denotano rispettivamente come Dio della morte e Dio dell’amore – riescano a compenetrarsi e spesso travestirsi l’una dall’altra (come nel caso che segnalavamo prima di Abigail che sceglie di travestirsi da eros per sedurre la regina).

Come nell’analisi di ogni film, ogni elemento che si discosta dalla norma nasconde spesso e volentieri una chiave interpretativa. Una parte importante dei film, spesso sottovalutata, è il disegno dei titoli. Diamo un’occhiata al titolo di questo film che presenza una composizione alquanto particolare:

The Favourite - Title - Thanatos and Eros.

Ora, se la parola Favourite sembra piuttosto tradizionale nella composizione del frame, ciò che sembra innaturale sta nella formazione dell’articolo “THE”. Le lettere distanziate fanno pensare a tre elementi quasi distinti e separati, ma uniti dal senso generale della parola.
Se possiamo dire che, magari forzando leggermente, la H rappresenti “Her Majesty The Queen“, la regina si troverebbe quindi con ai due lati una T ed una E: Thanatos ed Eros per l’appunto.

Abigail quindi, viene preferita dalla regina e con lei la sua pulsione di morte. Questa caratterizzazione di Abigail è perfettamente disegnata nella scena finale quando, approfittando della regina che dorme, Abigail quasi schiaccia uno dei conigli sotto la propria scarpa, e solo il risveglio della regina la interrompe.

I conigli e il finale: Abigail è la favorita?

Abbiamo volutamente lasciato fuori un simbolo che ritorna più volte all’interno del film: il coniglio, o meglio, i conigli. In alcuni momenti, questo simbolo sembra offrire una sorta di ristoro dal tono del film: a noi infatti sembra di rivedere un eco di Alice nel paese delle meraviglie soprattutto in alcuni momenti in cui la regina sembra truccata in maniera simile al modo in cui la Regina di Cuori è stata più volte “interpretata” in vari film.

Al di là di questa rapida incursione in altri territori [un’altra citazione ci sembrerebbe essere nell’uso delle candele come richiamo al Kubrick di Barry Lyndon (1975)], è chiaro che i conigli siano un vettore di molteplici significati: potrebbero rappresentare la stranezza e la stravaganza della corte; o anche l’infertilità del potere – la regina ha tanti conigli per quanti figli ha perso -; e dunque simbolo del potere come portatore di morte.

Ma come accennavamo all’inizio, la scena finale ha un determinato apparato simbolico. Inizia da Abigail che tenta di schiacciare uno dei conigli e finisce con quest’ultima a massaggiare le gambe della regina con una similitudine visiva che associa la mano in testa della regina su di lei, come a tenerla immobile a fare quello che sta facendo, alla scarpa di Abigail mentre schiaccia il povero coniglio. Anche la macchina da presa è ad altezza viso di Abigail – e abbiamo accennato a come questo succeda piuttosto di rado nel film – quasi come a segnalare la nostra posizione prostrata, esattamente come quella di Abigail, prima di lasciarsi andare ad un montaggio altamente simbolico.

Il trittico messa in scena/trama/espressione – così come quello Abigail-Regina-Sarah – diventa ora più semplice da capire: il potere (la regina) ha scelto di mantenere la pulsione di morte e lo fa scegliendo Abigail – la più manipolabile in quanto fa ciò che le viene ordinato – invece di Sarah – non manipolabile poiché soggetta solo alle leggi dell’amore e non del potere. Abigail soggiace e sottosta agli ordini perché oltre la sua ambizione e l’avvenuta riconquista del suo status sociale, c’è il niente, il vuoto.

Il potere che, dunque, sceglie il manipolabile e la sterilità per preservare se stesso, mentre noi spettatori e persone comuni, per tramite del punto di vista scelto per la macchina da presa, siamo allo stesso posto di Abigail [e dei conigli]: manipolabili e soggiacenti al potere, senza una reazione [se non quella di piangere] per paura di perdere ciò che abbiamo (in fondo cos’è che abbiamo?), piuttosto di ciò che siamo.

E forse, a pensarci bene, si potrebbe anche credere che la favorita (nel senso che riceve un favore) dalla regina non è Abigail, sebbene scelta, ma è Lady Sarah, a cui tenta probabilmente di salvare la vita allontanandola dalla corruzione e dalla morte a Palazzo tipica del potere.

E voi? Cosa ne pensate? Siete d’accordo?


Postilla: questa è un’analisi che cerca di usare quanto più possibile argomenti obiettivi per supportare la tesi. Qualunque argomentazione contraria non può che essere ben accetta, in quanto potrebbe non solo aumentare la profondità della lettura del film ed offrire un controcampo alla stessa analisi, ma anche e soprattutto render conto del fatto che un film rimane un fatto estetico la cui natura ricettiva rimane infine totalmente soggettiva.

Se vi è piaciuta questa analisi, condividete questo articolo ed aiutateci.

NOTE:
[1]: Al momento della scrittura è a quota 90/100 su metacritic.com
[2]: Scritta da Fox Searchlight Pictures su imdb.com
[3]: tratto da Marco Venditti, Il Movimento del Cinema.
[4]: Theodor Lipps, Einfühlung, Innere Nachahmung, und Organempfindungen, Archiv fur Psychologie, 1903
[5]: Gal Raz, Talma Hendler, ‘Forking Cinematic Paths to the Self: Neurocinematically Informed Model of Empathy in Motion Pictures’, in «Projections», n° 8, issue 2, Winter 2014 ,p.93
[6] Lincoln, Kevin (October 27, 2017). “The Ancient Greek Plays That Explain How The Killing of a Sacred Deer Got Its Title“. Vulture.

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